sabato 19 gennaio 2013

io sono Christina Rossetti

Robert Ashwin Maynard, 'Christina Rossetti' 
incisione su disegno a matita di Dante Gabriel Rossetti

Il cinque di dicembre Christina Rossetti celebrerà il suo centenario, o per essere più esatti saremo noi a celebrarlo;  il che forse non sarà di suo gradimento, perché era una donna estremamente timida, e il fatto di far parlare di sé, come certamente dovremo fare, le avrebbe dato molto fastidio.  Tuttavia ciò è inevitabile;  i centenari sono inesorabili;  studieremo i suoi ritratti, [...] e frugheremo nei cassetti della sua scrivania, in gran parte vuoti.  Cominciamo dalla biografia, poiché non c'è niente di più divertente.  Come ognuno sa, il fascino di leggere biografie è irresistibile.
Siamo dunque a Hallam Street, Portland Place, verso il 1830; ecco i Rossetti, una famiglia italiana composta di padre, madre e quattro bambini piccoli.  La strada non era elegante, la casa piuttosto povera; ma la povertà non importava, poiché, essendo stranieri, i Rossetti si curavano poco dei costumi e delle convenzioni della classe media britannica.  Facevano una vita ritirata, vestivano come volevano, visitavano altri esuli italiani, [...] e sbarcavano il lunario insegnando, scrivendo e facendo altri lavori saltuari.  A poco a poco Christina si era distaccata dal nucleo familiare.  Era una ragazza tranquilla, propensa all'osservazione, con già in testa tracciato il corso della propria vita - sarebbe stata una scrittrice - ma allo stesso tempo in grado di ammirare la superiore competenza dei membri anziani della famiglia. [...] Odiava le feste.  Vestiva come le pareva.  Le piacevano gli amici di suo fratello e quelle piccole adunanze di giovani artisti e poeti che volevano riformare il mondo, cosa che la divertiva alquanto, perché sebbene fosse così tranquilla, era anche di gusti capricciosi e stravaganti, e si divertiva a prendere in giro la gente pedante ed egoisticamente solenne.  E benché volesse diventare una poetessa, non aveva granché della vanità degli altri giovani poeti; i suoi versi sembravano formarsi interi e compiuti nella sua testa, e quando doveva  parlare di loro diceva ciò che le capitava. [...]
Se la guardiamo più da vicino, vedremo che già si era formato qualcosa di oscuro e duro, come un nocciolo, nel cuore della persona di Christina.
Era la religione, naturalmente.  Già da piccola, la sua fede regolava la sua vita fin nei minimi particolari.  Essa le aveva insegnato che gli scacchi erano perversi, ma che il whist e il cribbage non possono nuocere.  Ma essa interveniva anche nei problemi più importanti del suo cuore. 
C'era un giovane pittore chiamato James Collinson; e lei amava James Collinson e lui amava lei; ma Collinson era cattolico, e Christina lo rifiutò.  Per compiacerla, lui divenne membro della chiesa anglicana, e allora lei lo accettò.  Ma siccome era un uomo indeciso, non seppe conservare la nuova fede e ritornò a Roma. E Christina, benché con il cuore infranto e la vita per sempre oscurata, , ruppe il fidanzamento.  Qualche anno dopo si presenta un'altra prospettiva di felicità, a quanto sembra più fondata.  Charles Cayley chiede la sua mano.  Ma ahimè, quest'uomo astratto ed erudito che percorreva il mondo in uno stato di scompigliata distrazione, e traduceva i Vangeli in irochese, e nelle riunioni chiedeva alle signori eleganti "se si interessavano alla corrente del Golfo", e come regalo offrì a Christina un topo di mare conservato nell'alcol, era, naturalmente, un libero pensatore.  E Christina dovette rifiutare anche lui.  Non voleva sposare uno scettico.  Ella che prediligeva gli "ottusi e pelosi" - i vombati, rospi e sorci della terra - e chiamava Charles Cayley "il mio più cieco avvoltoio, la mia talpa speciale", non ammetteva talpe, vombati, avvoltoi o signori Cayley nel suo paradiso.  
E così possiamo andare avanti, guardando e ascoltando per sempre.  Non ci sono limiti alla stranezza, al divertimento e alla stravaganza racchiusi nella cisterna.  Ma proprio quando incominciamo a domandarci quale, fra le crepe di questo straordinario territorio, vogliamo ora esplorare, interviene la figura principale.  E' come se un pesce, i cui giri inconsapevoli abbiamo osservato tra le alghe intorno alle rocce, si gettasse ad un tratto contro il vetro e lo infrangesse.  Christina aveva accettato l'invito di una certa signora Virtue Tebbs.  Non si sa bene cosa fosse successo lì, forse avranno detto qualcosa, di carattere salottiero e frivolo.  A ogni modo,

improvvisamente, si alzò dalla sedia e camminò fino al centro della sala una donnetta vestita di nero, la quale annunciò solennemente - Io sono Christina Rossetti - Dopodiché ritornò alla sedia.

Con queste parole il vetro è infranto.  Sì (sembra dire), sono un poeta.  Voi che fate finta di onorare il mio centenario, non siete meglio dei frivoli invitati dalla signora Tebbs.  Eccovi frugare tra le trivialità, aprire i cassetti della mia scrivania, prendere in giro i miei pretendenti, quando la sola cosa che io voglio far conoscere è questa.  Guardate questo libretto verde.  E' una copia delle mie opere complete.  Costa quattro scellini e mezzo.  leggetelo. [...]
Tu eri un poeta istintivo.  Vedevi sempre il mondo dallo stesso punto di vista. Gli anni e il contatto intellettuale con gli uomini e con i libri non ebbero su di te alcuna influenza.  Ignoravi con cura qualsiasi libro potesse nuocere alla tua fede, così come ignoravi qualunque essere che potesse nuocere ai tuoi istinti.  Forse avevi ragione.  Il tuo istinto era così sicuro, così diretto, così intenso da produrre poesie che suonano nell'orecchio come una vera musica, come una melodia di Mozart o un'aria di Gluck. Eppure, nonostante tutta la tua simmetria, il tuo canto era complesso.  Quando toccavi la tua arpa,  suonavano insieme molte corde.  Come tutti gli istintivi, avevi un senso acuto della bellezza visiva di questo mondo.  Le tue poesie sono piene di polvere d'oro, di teste di velluto, di armature metalliche. [...]
E ciononostante, non eri affatto una santa.  Prendevi in giro, facevi gli sberleffi.  Avevi dichiarato guerra alla pedanteria e alla simulazione.  Pur essendo modesta, eri drastica, sicura del tuo talento, convinta della tua visione.  Una mano ferma portava i tuoi versi, un orecchio acuto metteva alla prova la loro musica. [...] In una parola eri un'artista. E perciò rimaneva sempre aperto un sentiero, perché da esso potesse giungere quel fiero visitatore che di tanto in tanto arrivava e fondeva i tuoi versi in quell'insieme indissolubile che nessuna mano può spezzare:

Portatemi i papaveri traboccanti di sogno
e di morte, e quell'edera che inghirlandando soffoca
e le primule che si aprono alla luna

Infatti è così strano l'ordine delle cose, così grande il miracolo della poesia, che alcune di queste liriche che tu scrivevi nella tua stanzetta ritirata staranno ancora in piedi, nella loro perfetta simmetria, quando il monumento al principe consorte sarà polvere e rovine. [...]  Quando Torrington Square sarà forse uno scoglio di corallo e i pesci entreranno ed usciranno là dove si trovavano le finestre della tua stanza,  o forse la foresta si sarà impossessata di quei pavimenti, e il vombato e il tasso passeggeranno su piedi morbidi e incerti, fra la verde boscaglia intrecciata all'inferriata del tuo giardinetto.  Considerando tutto ciò e per tornare alla tua biografia, se io fossi stata presente quando la signora Tebbs offriva il suo tè, e se una donna anziana e bassa vestita di nero si fosse alzata e sporta fino in mezzo alla sala, sono certa che avrei commesso qualche indiscrezione, per esempio avrei rotto un tagliacarte o una tazzina, nell'increscioso ardore dell'ammirazione, sentendo quella donna che diceva - Io sono Christina Rossetti -

Virginia Woolf, da In Between, traduzione mia, su adattamento dell'originale di M.A. Saracino, Einaudi, Torino 1995


Emma Florence Harrison - A Birthday
An illustration to Christina Rossetti’s poem ‘A Birthday’.




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