martedì 25 settembre 2012

Gita al faro




Così, con una luce a caso che li guidava da una stella scoperta, o da una nave 

vagante, o dal Faro stesso, con l’impronta pallida sulle scale e sulla stuoia, quei 

piccoli soffi salivano le scale e si facevano strada fino alle porte delle camere. 

Ma qui dovevano arrestarsi. Qualunque altra cosa può morire o scomparire, 

quello che c’è lì è immutabile. Qui si poteva dire a quelle luci scivolose, a quei 

soffi esitanti che alitavano e si curvavano sul letto, qui non potete né toccare 

né distruggere. Al che, stanchi, spettrali, come se avessero avuto dita leggere 

come piume e della stessa consistenza delle piume, avrebbero guardato, una 

volta, gli occhi chiusi e le dita intrecciate, e ripiegando le vesti con gesto 

stanco, sarebbero scomparsi. E così, facendosi strada, frugando, andarono alla 

finestra delle scale, nelle camere della servitù, tra le scatole in soffitta; e 

scendendo, sbiancarono le mele sul tavolo della sala da pranzo, stropicciarono i 

petali delle rose, esaminarono il quadro sul cavalletto, spazzarono la stuoia e 

soffiarono un po’ di sabbia sul pavimento. Alla fine desistettero, cessarono 

insieme, si riunirono insieme, sospirarono insieme; tutti insieme emisero una 

raffica di gemiti senza scopo, cui rispose una porta della cucina; si spalancò; 

nessuno entrò; e si richiuse con un tonfo.


Virginia Woolf, To the lighthouse


1 commento:

  1. Pensa,Virginia Woolf ai miei tempi tra noi ragazze era conosciuta per il nome inserito nel titolo di un celebre film. Fu la molla che ci fece conoscere "Gita al faro"...questo post mi ha fatto tornare al tempo della scoperta delle grandi letture, una scoperta che accompagna tutta la vita.

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