venerdì 28 settembre 2012

tra fantasia e sogno

La Venere di Milo, Museo del Louvre, Parigi

Non appena l'alba, e l'alba spunto' molto presto, dipinse di rosa l'accoglienza degli dei mutili nel giardino, Sir Benjamin lascio' la stanza per esaminare i danni alla luce del giorno.  Non si sentiva molto bene.  Il peso degli anni cominciava a gravargli.  La maschera rabelaisiana che aveva portato, la posa del mangiatore gargantuesco e del bevitore pantagruelico stavano diventando tutti atteggiamenti un po' troppo studiati.  Doveva finalmente ammettere che il suo stomaco non era piu' quello di un tempo.  Un pasto anche modesto - diciamo una "fiorentina" ai ferri o un paio di fagiani - gli dava una punturina di pirosi.  Non tollerava piu' vino e liquori nella quantita' di una volta.  Tre bottiglie di Borgogna gli annebbiavano un po' le idee e lo predisponevano al litigio.
Il futuro, seguitava a rimuginare.  Il futuro rodeva il passato fino a ingestione completa, e a lui questo incuteva spavento.  Paventava la conquista e la distruzione del passato, degli dei del passato, a opera di forza bruta - una saetta e il crolllo di un albero.  Il futuro gli faceva l'effetto del passeggero zotico di autobus che si e' accaparrato villanamente un posto a sedere e non e' incline ad alzarsi per cederlo ad una signora.  Il futuro era un ghigno contorto e compiaciuto. [...] Il mondo sembrava intestardito a mandare in briciole ogni specchio in cui mirarsi.  Il mondo stava allestendo un gran salone degli specchi per il solo gusto di vedere la moltiplicazione della propria immagine schiantarsi in frantumi che avrebbero cambiato il sorrisetto narcisistico in turpe sogghigno.  La prospettiva del futuro, per Sir. Benjamin, era stomachevole.  [...] Credeva che gli eserciti erano in marcia, i megawatt dai Tannoy rintronanti, la mente collettiva - utensile dell'oligarchia - plasmata sotto l'azione anestetica degli slogan e degli spettacoli di massa.  Gli dei del giardino, con tutta la loro epifania miracolosa di quella notte, erano morti. [...] Ed il mondo, sicuramente, aveva ben altro a cui pensare.


Anthony Burgess, da Due storie di Venere, Rizzoli,  1964, traduzione Liliana Macellari, pp 106-107

Questo libro si fonda su un racconto di Burton - Anatomy of Melancholy, Pt. 3, Sec 2, Mem. I, Subs. I - che egli trasse da Florilegus (1055), "storico onesto del nostro paese, poiche' ne parla con tanta sicurezza, come di un fatto di cui, in quel tempo, l'intera Europa discorreva". 







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