oggi parlerò del sole| dei venti |dei cuori a primavera| dell'amore se c'è se è| della luce| del colore| del mare|delle libellule| dei sorrisi insaponati e delle facce impolverate|parlerò per non tacere| parlerò per ascoltare|parlerò until my heart is content|e sognerò finché vorrò| perché è di sole e luce che mi nutro|PB
sabato 27 ottobre 2012
parole a colori
oggi parlerò del sole| dei venti |dei cuori a primavera| dell'amore se c'è se è| della luce| del colore| del mare|delle libellule| dei sorrisi insaponati e delle facce impolverate|parlerò per non tacere| parlerò per ascoltare|parlerò until my heart is content|e sognerò finché vorrò| perché è di sole e luce che mi nutro|PB
giovedì 25 ottobre 2012
ottobre
Sono più miti le mattine
E più scure diventano le noci
E le bacche hanno un viso più rotondo,
La rosa non è più nella città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia,
E la campagna una gonna scarlatta.
Ed anch’io, per non essere antiquata,
Mi metterò un gioiello.
Emily Dickinson
martedì 23 ottobre 2012
|Francesca|
Io vorrei che le mie fotografie potessero ricondensare l’esperienza in piccole immagini complete, nelle quali tutto il mistero della paura o comunque ciò che rimane latente agli occhi dell’osservatore uscisse, come se derivasse dalla sua propria esperienza.
Francesca Woodman
lunedì 22 ottobre 2012
ORFEO. EURIDICE. HERMES
Rubens, Orfeo e Euridice
Era la strana miniera delle anime.
Simili a silenziose vene d’argento
ne penetravano la tenebra. Tra radici
scaturiva il sangue che sale verso gli uomini
e greve come porfido appariva nella tenebra.
Nient’altro era rosso.
C’erano rocce
e boschi inanimati. Ponti sopra il vuoto
e quello sconfinato e grigio stagno
cieco che pendeva sul suo fondo lontano
come cielo di pioggia su un paesaggio.
Tra i prati, placida e colma di indulgenza,
biancheggiava pallida la striscia di un unico
sentiero, stesa nella sua lunga incertezza.
Venivano per quest’unico sentiero.
Avanti agile l’uomo col mantello azzurro,
muto e impaziente, gli occhi dinanzi a sé.
Senza masticarlo, il suo passo divorava
il sentiero a grandi morsi, le sue mani
chiuse pendevano grevi dalle pieghe
della veste, ignare ormai della lieve
lira ch’era sbocciata alla sua sinistra
come cespo di rose tra i rami d’olivo.
E i suoi sensi erano come lacerati:
lo sguardo correva innanzi come un cane,
si volgeva e gli era accosto, poi di nuovo
lontano, per fermarsi in attesa alla prima svolta –
come un odore l’udito gli restava alle spalle.
A tratti gli pareva di sentir giungere
il passo degli altri due che dovevano
seguirlo in salita lungo lo stesso sentiero.
Poi dietro a sé solo l’eco dell’ascesa,
e il suo mantello sollevato dal vento.
Si diceva – verranno; e lo diceva ad alta voce,
e subito udiva il suono smorzarsi.
Eppure venivano, due nel terribile silenzio
di un lento andare. Se avesse potuto volgersi
anche solo una volta (se guardare indietro
non fosse già la rovina dell’impresa
ancor prima di compierla) li avrebbe visti
in un leggero attardarsi senza parole:
Il dio dei passaggi e del messaggio
lontano, l’elmo sugli occhi chiari,
l’agile bastone proteso in avanti,
e alle caviglie il battito d’ali;
e affidata alla sua mano sinistra: lei.
Lei così tanto amata da trarre più lamento
da una sola lira che da donne in lutto;
da fare mondo dal lamento, dove tutto
era ancora una volta: bosco e valle,
sentiero e villaggio, campo e fiume e animale;
e intorno a questo mondo lamento,
come intorno all’altra terra, roteavano
un sole e un cielo silenzioso d’astri,
un cielo lamento dalle stelle sfigurate:
Lei così tanto amata.
Ma veniva per mano al dio, il passo
costretto dalle lunghe bende funebri,
incerta, docile e senza impazienza.
Era in sé, come una più alta speranza,
dimentica dell’uomo che la precedeva,
come del sentiero che risaliva alla vita.
Era in sé. E il suo essere morta
la ingravidava come pienezza.
Simile a un dolce frutto di tenebra,
era così piena della sua grande morte,
tanto nuova che niente comprendeva.
Era in una nuova adolescenza,
e intoccabile; il suo sesso era chiuso
come un giovane fiore prima di sera,
e le sue mani tanto disavvezze
alle nozze che persino l’impercettibile
sfiorarla di quel contatto divino
la feriva per troppa intimità.
Non era già più la donna bionda
evocata talvolta nei canti del poeta,
né più profumo e isola dell’ampio letto
né più proprietà di quell’uomo.
Era già sciolta come lunga capigliatura,
sparsa come pioggia che cade,
come provvista infinitamente ripartita.
Era già radice.
E quando all’improvviso il dio
la trattenne, pronunciando con voce
dolente le parole: “si è voltato” –,
non comprese e disse piano: “chi?”.
Ma lontano, come tenebra sulla soglia
chiara, stava qualcuno irriconoscibile
in viso. Stava e guardava, lungo la striscia
di un cammino erboso, il dio del messaggio
con occhi colmi di tristezza volgersi
in silenzio a seguir la figura di lei che
già tornava per quel sentiero, il passo
costretto dalle lunghe bende funebri,
incerta, docile e senza impazienza.
Rainer Maria Rilke, Orfeo. Euridice. Hermes
domenica 21 ottobre 2012
sole tu [a mia figlia]
il sole ha il colore del tuo sguardo
sorrisi negli occhi
cuore che balla
ad ogni curva del tuo nome
il tuo splendore e’ la mia filosofia
[come quando bambina correvi e mi cercavi
danza tra i colori] PB
28.VII.2012
sabato 20 ottobre 2012
ogni tanto mi sospendo...
...dal classico al rock!
Guns N' Roses
Nirvana
Bon Jovi
Scorpions
martedì 16 ottobre 2012
venerdì 12 ottobre 2012
ode all'ego
Mi hai inventata materia
corpo
sostanza inquinante
da smaltire
Demolendo neuroni
flussi ematici
ossigeno
col tuo convulso
e ristretto
Ego
Ma so rigenerarmi
perché_________mi nutro
mi disseto | CombattoCadoMiRialzo |
del mio
IO
[PB]
mercoledì 10 ottobre 2012
è solo giustizia che cerco
è solo giustizia che cerco
nei pensieri concavi del tempo
nel nudo della parola bisbigliata
nelle notti attorcigliate dal sonno
nelle palpebre dei giorni accecati di sole
nel grido perenne che scalfisce la pancia
ostinata nel giusto che cade ogni volta che appare
il mondo si applaude
ferite contrasti rivalse
e poi tutto svanisce
nel Nulla di suoni stridenti
perché altro che questo saremmo
in un futuro anteriore (im)perfetto
basterebbe un velato rispetto
nella libertà del sintagma
e nient'altro
è solo giustizia che cerco
anche su Architetture imperfette del pensiero
nobiltà del silenzio
Per tutti gli attimi i giorni i secoli
che la mia vita si è fermata
per tutte le parole assordanti che ho ascoltato
per tutte le lame di cristallo
che hanno squarciato il mio petto
ma non il mio cielo
chiedo solo un nobile ed eterno silenzio
PB
martedì 9 ottobre 2012
io sono verticale
Sylvia Plath
Io sono verticale
Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
cosi' da poter brillare di foglie a ogni marzo,
ne' sono la belta' di un'aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovro' perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero e' immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma piu' clamorosa:
dell'uno la lunga vita, dell'altra mi manca l'audacia.
Stasera, all'infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo piu' perfetto -
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata e' per me piu' naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e saro' utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.
I Am Vertical
But I would rather be horizontal.
I am not a tree with my root in the soil
Sucking up minerals and motherly love
So that each March I may gleam into leaf,
Nor am I the beauty of a garden bed
Attracting my share of Ahs and spectacularly painted,
Unknowing I must soon unpetal.
Compared with me, a tree is immortal
And a flower-head not tall, but more startling,
And I want the one's longevity and the other's daring.
Tonight, in the infinitesimallight of the stars,
The trees and the flowers have been strewing their cool odors.
I walk among them, but none of them are noticing.
Sometimes I think that when I am sleeping
I must most perfectly resemble them--
Thoughts gone dim.
It is more natural to me, lying down.
Then the sky and I are in open conversation,
And I shall be useful when I lie down finally:
Then the trees may touch me for once, and the flowers have time for me.
DIARIO FIORENTINO | RAINER MARIA RILKE
Notturno fiorentino, Ph Bernardo Ricci Armani
Solo un poeta poteva parlare di arte come se fosse un essere umano, attribuendogli calore e, direi quasi, sentimenti. Leggendo quest’opera accompagniamo Rainer Maria Rilke nelle sue passeggiate tra i monumenti di Firenze, ci fermiamo quando si ferma lui, ci emozioniamo quando si emoziona lui. L’uso potente della metafora, che il poeta, nonostante la giovane età, già sa sfruttare nelle descrizioni di palazzi e quadri, riesce quasi a farci respirare l’aria che stava respirando lui.
Siamo nel 1898 e Rilke, poco più che ventenne, scrive questo diario di viaggio per dedicarlo ad Andrea Lou-Salomé, la donna di cui era innamorato e a cui voleva dimostrare la propria evoluzione artistica: rapporto impari, considerando che la Salomé, più anziana di lui di quattordici anni, e all’epoca è già ritenuta un’esponente di spicco della cultura europea. Rilke se ne innamora, e al ritorno da questo viaggio in Italia vuole dimostrarle quanto è maturato e reso più degno di lei facendole leggere il diario. Il divario tra le due personalità, dal punto di vista artistico e culturale, secondo Rilke comunque non si colma:"per lontano che possa andare, tu sei sempre davanti a me. Le mie battaglie sono per te da tempo diventate vittorie"
Ad ogni modo Diario fiorentino mostra la concezione del poeta sull’arte, vista come “cammino verso la libertà”, come unico mezzo lecito per aumentare davvero la propria Cultura, con la “C” maiuscola, quella che coinvolge l’uomo in tutti i suoi aspetti, non solo nozionistici, ma anche più strettamente umani. Un vero e proprio “travaglio” d’artista che cerca se stesso.
Un diario che fonde l’interiorità di chi lo scrive con l’ambiente che lo circonda, ma che non perde mai di vista la lettrice destinataria di queste riflessioni, quasi una dea a cui ci si rivolge non solo per indirizzarle preghiere, ma anche per renderla partecipe dei propri moti interiori. Salomè, in quanto donna, è vista dal poeta come una creatura privilegiata rispetto all’artista in generale perché nella maternità può trovare se stessa nell’atto supremo della creazione: non più opere letterarie, ma esseri umani. Singolare, visto che Lou non sarà mai madre. [Recensione dal web]
sabato 6 ottobre 2012
canti pisani
Ezra Pound, PH Richard Avedon
Quello che veramente ami rimane,
il resto è scorie
Quello che veramente ami non ti sarà strappato
Quello che veramente ami è la tua vera eredita’
Il mondo a chi appartiene, a me, a loro
o a nessuno?
Prima venne il visibile, quindi il palpabile
Elisio, sebbene fosse nelle dimore d’inferno,
Quello che veramente ami è la tua vera eredita’
La formica è un centauro nel suo mondo di draghi.
Strappa da te la vanità, non fu l’uomo
A creare il coraggio, o l’ordine, o la grazia,
Strappa da te la vanità, ti dico strappala
Impara dal mondo verde quale sia il tuo luogo
Nella misura dell’invenzione, o nella vera abilità dell’artefice,
Strappa da te la vanità,
Paquin strappala!
Il casco verde ha vinto la tua eleganza.
“Dominati, e gli altri ti sopporteranno”
Strappa da te la vanita’
Sei un cane bastonato sotto la grandine,
Una pica rigonfia in uno spasimo di sole,
Metà nero metà bianco
Né distingui un’ala da una coda
Strappa da te la vanita’
Come son meschini i tuoi rancori
Nutriti di falsità.
Strappa da te la vanità,
Avido di distruggere, avaro di carità,
Strappa da te la vanità,
Ti dico strappala.
Ma avere fatto in luogo di non avere fatto
questa non è vanità. Avere, con discrezione, bussato
Perché un Blunt aprisse
Aver raccolto dal vento una tradizione viva
o da un bell’occhio antico la fiamma inviolata
Questa non è vanità.
Qui l’errore è in ciò che non si è fatto, nella diffidenza che fece esitare.
Ezra Pound, Canti Pisani (Canto 81)
foglie
Ph Takashi Suzuki
Cadono le foglie - disse Cyrano con una strana intonazione nella voce - Come vengono giù dolcemente! Nel loro breve viaggio dal ramo alla terra pare che vogliano creare un ultimo attimo di bellezza, e pure nel terrore di marcire al suolo danno alla loro caduta la leggera grazia del volo.
Cyrano de Bergerac
venerdì 5 ottobre 2012
martedì 2 ottobre 2012
TUTTOMONDO
Il mio contributo al mondo è la mia abilità nel disegnare. Dipingere è ancora sostanzialmente la stessa identica cosa che ai tempi della preistoria. Riunisce l'uomo e il mondo. Vive nella magia. K.H
TUTTOMONDO.
Keith Haring a Pisa
Una mostra, una piazza, il restauro
Palazzo Blu
29 settembre 2012 – 11 novembre 2012
Sei serigrafie firmate Keith Haring, direttamente dal Keith Haring Studio di New York a Palazzo Blu per ricordare l’artista pop americano, e celebrare il restauro del murale Tuttomondo, l’ultima grande opera pubblica realizzata da Haring nell’estate del 1989.
Keith Haring, Convento di Sant' Antonio Abate,Pisa
TUTTOMONDO
TUTTOMONDO
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